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ITINERARI - PAROLE E IMMAGINI - LA MUSICA

L'EUROPA MUSICALE DEL RINASCIMENTO

Agli inizi del Quattrocento alcuni atteggiamenti stilistici dell'ars nova proseguono sottigliezze e complicazioni ritmiche, ancora tipicamente legate al gusto gotico del particolare raffinato.
Un compositore fiammingo, Johannes Ciconia (1335 ca. - 1411), collega le ripetizioni di alcune frasi del testo con quelle di un frammento melodico ripetuto a diverse altezze, secondo il principio che verrà poi indicato come progressione; nei mottetti utilizza anche l'imitazione per dare saldezza all'insieme. è l'annuncio di tempi nuovi.
L'inglese John Dunstable (1380 ca. - 1453) diffonde sul continente una nuova sensibilità musicale caratterizzata dall'uso frequente di consonanze di terza e sesta (secondo l'antico uso dell'isola), da un calcolato uso delle dissonanze, dalla fusione di tecniche compositive italiane e francesi. La stratificata composizione medievale viene superata perché sempre più spesso le diverse voci si scambiano spunti melodici secondo il principio dell'imitazione.
Questo nuovo modo di sentire si afferma particolarmente nell'opera di quei maestri che si sogliono indicare come «fiamminghi», attivi nel Granducato di Borgogna, alla corte francese, nei Paesi Bassi, in varie corti dell'Italia settentrionale e in quella papale. Dopo il matrimonio tra Maria di Borgogna e Massimiliano I d'Asburgo, la loro influenza si estende anche all'Austria. Si forma una musica europea, le cui testimonianze restano affidate a raccolte non più compilate su richieste di ricchi e nobili amatori, ma in vista di una specifica funzione esecutiva.
In Italia frattanto i musicisti locali sembrano ammutoliti di fronte al dilagare della musica fiamminga o, come allora si diceva, degli «ultramontani». Essi reagiscono coltivando l'improvvisazione; il mezzo è la voce accompagnata da uno strumento (liuto, lira, viola). Non abbiamo di questa pratica testimonianze scritte fino a circa il 1480. Da quest'epoca al 1520 circa, si ha la fioritura di forme scritte che ripensano, in maniera italiana, le tecniche fiamminghe. La più importante è la frottola.
Ma altre forme testimoniano la stilizzazione scritta di modi popolareschi: in prima fila, i fiorentini canti carnascialeschi, i cui testi sono legati a scene di mercato, usi, mestieri, situazioni erotiche; ma poi anche le grechesche, le veneziane, le villanelle alla napoletana, le villotte originarie del Friuli. Queste ultime, che uniscono a spunti popolareschi un costante gioco di imitazioni fra le voci, preparano l'avvento del madrigale.

I FIAMMINGHI

Guillaume Dufay, Johannes Ockeghem, Gilles Binchois e Antoine Busnois definiscono nel sacro e nel profano le caratteristiche dell'Umanesimo musicale. Il primo di questi (per molto tempo in Italia) è importante perché nelle sue messe si trova utilizzato il principio del tenor unico per tutte le parti, quale principio unificatore. Dufay scrive anche composizioni legate a particolari occasioni, come il mottetto Nuper rosarum flores, per l'inaugurazione del duomo di Firenze (1436).
Di Ockeghem si ricordano Messe scritte secondo elaborati procedimenti contrappuntistici e composizioni con numerose parti vocali; da qui l'uso del termine fiamminghismi per indicare tecniche polifoniche particolarmente complesse.
Josquin Desprez (1440 ca. - 1521?) attivo anche in Italia, riesce a conciliare rigore costruttivo e trasparenza di scrittura.
Messe e mottetti costituiscono la produzione sacra su testo latino accanto ad essa una ricca e interessante produzione profana: chansons su testo francese, frottole su testo italiano e alcuni brani puramente strumentali.

GIOVANNI PIERLUIGI DA PALESTRINA

Al servizio di numerosi papi, Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-1594) riesce a conciliare i dettami del Concilio tridentino con quelli della fantasia, creando quel modello di stile che i secoli futuri indicheranno come stile osservato o, appunto, «alla Palestrina». Accanto alle oltre cento messe, sono da ricordare più di cinquecento mottetti, alcuni dei quali memorabili, che rappresentano l'equivalente del madrigale in campo sacro. Meno importante la produzione profana, scritta in gran parte per il cardinal Ippolito d'Este che risiedeva nella vicina Tivoli.

ORLANDO DI LASSO

Orlando di Lasso (1532 ca.-1594) dà col complesso della sua opera l'immagine di un musicista europeo per la varietà dei generi da lui trattati, che si valgono per la parte vocale del latino, di diverse lingue vive, di alcuni dialetti e perfino di idiomi del tutto inventati, come accade nelle Moresche. Parigi, diverse località italiane, Anversa lo vedono attivo in gioventù; ma la sua sede stabile sarà Monaco di Baviera, al servizio del duca Alberto V. Le sue Messe (più di 50), spesso composte a partire da materiale usato per composizioni profane, mostrano una notevole predilezione per le progressioni melodiche e un trattamento del testo affine a quello che troviamo nei contemporanei madrigali, con la tendenza a descrivere un concetto attraverso il suono (ad esempio nel Credo alle parole vivos et mortuos note brevi e veloci per la prima parte e subito lunghe per la seconda). Nei mottetti (circa 500) questi caratteri si accentuano, mentre nelle musiche profane, madrigali, villanelle, canzoni francesi e tedesche, si scatena la sua fantasia accesa da testi conviviali, erotici, satirici, talvolta blasfemi. Ciò non impedisce a Lasso di raggiungere straordinaria profondità espressiva in composizioni come i Salmi penitenziali o le Lagrime di San Pietro, ultima sua opera.